«Aperti per non chiudere»

Unione Sarda
Economia, pag. 14
Domenica 3 agosto 2014

Serrande alzate anche ad agosto per sopravvivere – In Sardegna 650 negozi in meno nei primi 6 mesi dell’anno.

Negozi aperti per ferie. O meglio: aperti ad agosto per non dover chiudere a settembre. La crisi continua a mordere il settore del terziario e il 2014 non mostra la tanto attesa ripresa. Al punto che nei primi sei mesi dell’anno il saldo tra imprese nate e morte segna un pesante saldo negativo: quasi 20.000 in meno in Italia e 650 in Sardegna.

LO STUDIO. Lo confermano i dati del Primo Rapporto semestrale 2014 sulla nati-mortalità delle imprese, elaborato dall’Osservatorio nazionale Confesercenti su commercio al dettaglio e attività del turismo. «La Sardegna», ha sottolineato Marco Sulis, presidente Confesercenti «mostra la stessa tendenza del resto d’Italia, con un saldo passivo di 650 imprese in sei mesi». Di queste 493 appartengono al commercio al dettaglio (80 settore food e 413 no food), mentre 19 sono le imprese di alloggio e ricezione, 68 quelle di ristorazione e 70 i bar. In contro tendenza (+81) gli ambulanti come nel resto d’Italia. «Stiamo vivendo un incubo», continua Sulis «del quale non vediamo la fine».

IL BILANCIO. È persino peggiore di quello registrato nell’analogo periodo del 2013, come conferma la differenza tra la media giornaliera di aperture e chiusure tra l’anno scorso e il 2014, relativamente al commercio al dettaglio in sede fissa: in Sardegna nel 2013 si sono registrate due aperture e quattro chiusure al giorno, mentre nel primo semestre 2014 le aperture sono state quattro e le chiusure cinque. Le province più in difficoltà sono il Medio Campidano e l’Ogliastra: nel settore del commercio al dettaglio, ad esempio, hanno un saldo negativo pari a 3,69% e 3,52%. Inoltre per effetto dei recenti provvedimenti del Governo, in tutta l’Isola nel primo semestre si sono registrate tre iscrizioni e 20 cancellazioni di imprese dedicate alla vendita di sigarette elettroniche: i costi di esercizio, infatti, si stanno rivelando troppo alti a fronte degli esigui margini di guadagno. «I dati non lasciano spazio alla fantasia: commercio e turismo sono in coma. La recessione sarà anche finita ma altrettanto non si può dire della crisi del commercio e del turismo», ha aggiunto il direttore della Confesercenti, Gian Battista Piana.

IN ITALIA. Nel resto dell’Italia va peggio: nei primi sei mesi si registrano quasi 20 mila attività in meno. I settori più colpiti sono ristoranti (-2.484), negozi di abbigliamento (-3.305), quelli di sigarette elettroniche (-592) e di ricezione turistica (-579). Nel complesso è il commercio al dettaglio a pagare il prezzo più alto con 14 mila esercizi in meno, ma non va meglio a intermediari commerciali (-1.779) e bar (-2.343). Il saldo è negativo in tutte le regioni, ma è la Sicilia (-1.708) ad avere il record italiano.

 

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